Gildo Angelo Carabelli
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Salvini Innocente

Salvini Innocente
( Foto di Gildo Carabelli 1977 ) 
 Salvini Innocente - Gigante dell'Espressionismo italiano

(Cocquio-Trevisago, 13 maggio 1889 – Cocquio-Trevisago, 23 gennaio 1979)

I quadri del Salvini sono intrisi di forti sentimenti verso la terra, la famiglia e la vita quotidiana, verso il suo mulino; i colori sono l’effetto di un lungo studio che lo porta ad un particolare esito cromatico che unisce la tecnica dei Macchiaioli coi principi del Divisionismo di Previati:, il colore come novità scottante, il colore al servizio della luce, il colore interno ai colori naturali, che li segue e li muta. L’esito è quello di opere dove il mondo della realtà è nettamente diversificato da quello della tavolozza, e allora sulla tela il mondo viene ricreato come attraverso uno spettro dove la luce si scompone totalizzando la scala cromatica e annullando bianchi e neri. Salvini era nato tardi per appartenere a certe avanguardie europee, presto per legarsi a quelle nuove del novecento, così la sua pittura resterà sempre al di fuori di scuole e movimenti, in una patria solo sua, distanziata da qualunque altro "realismo" italiano dell’epoca. A causa di questa sua "rottura degli schemi" la sua consacrazione tardò ad arrivare; solo nel 1950 delle sue opere erano presenti alla XXV Biennale di Venezia e nel 1966 Monsignor Macchi, segretario di Paolo VI, acquistò delle sue tele per la collezione d’arte contemporanea dei Musei del Vaticano. 



 
 Gianni Spartà        ( Giornalista e scrittore )

Da: " La Prealpina del 28-12-1978 "     INCONTRO       NATALIZIO     CON    IL     CELEBRE      PITTORE       DEL    MULINO

GEMONIO  28-12-1978

A novantanni ( li compirà il 13 maggio prossimo e forse ci sarà in suo onore una grande mostra a Varese) Innocente Salvini sente ancora irresistibile il "bisogno spirituale " di dipingere. L'influenza l'ha costretto a letto per un po' e adesso che è convalescente il figlio del mugnaio di Gemonio non vede l'ora di riprendere in mano la tavolozza. Quella tavolozza dal cui fascino venne travolto a soli diciotto anni quando i suoi fratelli trasportavano sulle spalle sacchi di farina e lui invece disegnava soggetti del Tiepolo fuori della porta di casa ( gli affreschi sono ancora lì da vedere). La vita del "Nonzentin" pare scritta da Rousseau o da Virgilio: gli ingredienti sono la famiglia - in particolar modo la madre adorata - la natura lussureggiante di questo angolo di Varesotto , il vecchio mulino paterno che da anni immerge la sua ruota nel torrente Viganella.
In questo paradiso, circondato dagli affetti, il pittore dei gialli e dei verdi ha lasciato che la sua arte prima si manifestasse e poi esplodesse in un originalissimo gioco di colori cui Salvini deve indubbiamente la sua celebrità.
L'incontro con il maestro avviene in una cornice da "Albero degli zoccoli" : egli siede vicino a un caminetto acceso, lo attorniano la sorella, i nipoti,i pronipoti, e fuori è una mattinata  fredda e nebbiosa. Il Natale è ancora nell'aria.
Esile, emaciato, ma incredibilmente lucido e sicuro Salvini ha in testa l'immancabile cappello a larghe tese dal quale spuntano candidissime ciocche di capelli. Colpisce il sorriso dell'uomo buono, affascina la semplicità paesana che le supervalutazioni raggiunte dai suoi quadri non hanno minimamente scalfito. E' l' anti-divo.
La chiaccherata comincia in italiano ma spesso è il dialetto della valle ad avere il sopravvento. "Ero un pittore strano, ai colleghi, ai critici , i miei colori troppo marcati non piacevano assolutamente" - racconta il maestro -. " Il fatto è che io ho sempre dipinto ciò che sentivo e non ciò che vedevo. Il cervello ha guidato il mio occhio.Quei gialli, quei verdi, quei rossi, credetemi, in natura ci sono: bisogna saperli captare".
- Dall'indifferenza alla celebrità...
" Devo tutto al mio maestro di allora, Siro Penaggini, un artista milanese che aveva una villa a Caravate e che aveva compiuto approfonditi studi in Germania venendo a contatto con il fior fiore della pittura mitteleuropea.Quando lui mi scoprì ero un imbianchino raffinato, un decoratore: affrescavo i muri di casa con figure del Tiepolo e del Mantegna, desideravo ardentemente andare a Milano all'Accademia.Penaggini venne al mulino, vide i miei disegni e mi disse:" Ragazzo mio, vedi di continuare, ma è inutile che tu vada a a scuola. Pittura tuo padre, tua madre, le galline, i maiali. Il tuo mondo è questo, la tua Accademia è qui".
" Presi a frequentare lo studio di Penaggini ma a un certo punto egli non volle più: non gli andava di influenzare la mia arte".
- E poi?
" Poi c'è il periodo più felice della mia vita, dal 1911 al 1929. Lavorai moltissimo, dipinsi, - tanto per citare i quadri a cui sono più affezionato - La madre in vedetta, Il fratello Giuseppe con i maiali; mi aiutò parecchio il fatto di non essere costretto a vendere le mie opere per vivere, ebbi così la possibilità di progredire, di migliorarmi. La mamma mi voleva molto bene, mio padre era paziente, i miei fratelli faticavano nel mulino dove io avevo dimostrato di essere un disastro".
- Come nacquero i gialli, i verdi, i rossi che scandalizzarono i contemporanei?
" Nacquero seguendo l'istinto e guardando la natura della mia terra.Nel raggio di mezzo chilometro, qui fuori, c'è tutta la mia paesaggistica, c'è la mia composizione, ci sono i miei personaggi. Sì,  nel 1914, per la prima volta, andai alla Biennale, a Milano conobbi tanti pittori, girai parecchio ma sono rimasto sempre fedele alle mie origini".
- Pittori si nasce o si diventa?
" Credo si nasca.Io a scuola facevo disperare la maestra perchè strappavo i fogli centrali del quaderno e ci disegnavo sopra le vignette. La pittura l'ho sempre avuta nel sangue e devo dire che essa mi ha dato tutto".
- Che cosa vorrebbe ancora dipingere?
" La mia nuova famiglia. Desidero ritrarre i miei nipoti più piccoli, lo farò appena mi sarò rimesso. E poi ho in testa tante altre cosema dovrei avere vent'anni di meno".
- L'arte di Salvini non è fatta solo di tele ma anche di affreschi: quelli conosciutissimi di Arcumeggia, di Laveno, di Caravate...
" Vi racconto una cosa che forse non sapete.Anni fa nella chiesa di Sant'Andrea avevo affrescato una scena della tentazione del diavolo a Sant'Antonio ma il parroco di allora, severissimo, fece cancellare il diavolo ritenendo offensiva la sua presenza nel tempio di Dio.Quando seppe che quell'affresco era mio il parroco di oggi, Don Luigi, fece togliere lo strato di gesso che copriva parte della raffigurazione e il diavolo riapparve accanto a Sant'Antonio".
Il Maestro sorride divertito. Sorseggia un liquore, guarda il fuoco nel camino ma il suo volto si incupisce quando si accenna al triste fenomeno dei quadri falsi. Salvini ha scoperto alla vigilia di Natale che un disegno - la cui foto è stata pubblicata casualmente su "La Prealpina " - aveva la sua firma pur non essendo lui l'autore.E' solo l'ultimo episodio.
" Un mese fa - racconta il pittore novantenne -  mi hanno portato un quadro, attribuito a me, chiedendomi di autenticarlo. L?ho guardato, non era mio, ed ho provato un grande dolore. Non si fa così."
Innocente Salvini ama i suoi dipinti come fossero esseri umani.Ne ha fatti tanti nella sua vita ma ce ne sono alcuni, i più belli e significativi, che non ha mai voluto vendere ed ai quali è particolarmente affezionato.
Nessuno ha dimenticato la sua profonda angoscia  quando, anni fa, glieli rubarono e la sua immensa felicità allorchè, dopo indagini lampo, i carabinieri glieli restituirono intatti. Per quelle opere a Salvini hanno offerto decine di milioni ma lui ha sempre detto di no.
Ora l'Ente provinciale del Turismo ho in programma per il 13 maggio prossimo la grande Mostra del novantesimo e intende esporre a Varese i "gioielli" del Maestro di Gemonio.
Sono i quadri dal 1911 al 1929, " rappresentano - dice il pittore del mulino - la sintesi della mia carriera, il punto di partenza ed il punto di arrivo".
Ci sono notevoli difficoltà finanziarie per organizzare la mostra, ci deve essere l'impegno di tutti per tributare un doveroso omaggio a Innocente Salvini, l'artista che con i suoi quadri vivaci ha reso famosi i paesaggi di casa nostra.
L'incontro si conclude con i calici alzati. A che cosa può brindare un novantenne che dalla sua vita ha avuto tutto, che lascia sulle tele e nei suoi affreschi un inestimabile patrimonio di cultura e di genialità?.
" Brindo a un anno ricco di fecondo lavoro".

(Gianni Spartà)   


Foto varie

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